Comfort Zone: uscire o restarci?

Per rispondere alla domanda iniziale partiamo direttamente dalla definizione di Comfort Zone: in psicologia rappresenta una condizione mentale di sicurezza. Per alcuni è un punto di arrivo o un traguardo, per altri è uno stato di passaggio o una cuccia in cui tutto sembra andare per il meglio ma in realtà si desidera il cambiamento.

La domanda relativa a quale delle due condizioni sia preferibile è da qualche tempo al centro delle conversazioni tra life coach, personal trainer e i loro discepoli; ma noi ci chiediamo: esiste risposta?

Se si dovesse analizzare letteralmente il concetto di comfort zone la risposta sarebbe immediata: per quale motivo una persona (o un’azienda) dovrebbe desiderare di cambiare una situazione di comodità e benessere per ricercare cambiamento e nuovi obiettivi? Partendo invece dall’accezione che ha ormai assunto nel dizionario comune viene naturale chiedersi come si possa considerare confortevole un benessere è solo apparente da cui si vuole uscire per cercare di raggiungere una nuova dimensione.

Provando ad allargare questo concetto alla sfera professionale o aziendale ecco come la mancanza di una risposta certa possa creare difficoltà nel prendere decisioni, rinnovare il proprio business e quindi essere competitivi sul mercato. Immaginando un imprenditore che deve gestire la propria azienda vi saranno obiettivi che vorrà raggiungere e per farlo vi saranno dei rischi che dovrà prendere. In molte realtà il pensiero è che “fare come si è sempre fatto” (comfort zone) rappresenta la miglior soluzione di gestione: la paura del progresso, di perdere la propria fetta di mercato duramente conquistata col tempo spesso sono la causa di questo atteggiamento. L’imprenditore in esame potrà essere sicuro delle proprie entrate ma senza correre alcun rischio non potrà mai migliorare la propria condizione (where the magic happens). Il problema sta nella volontà del manager di identificare il processo per evidenziare o meno questo rischio che, una volta emerso, potrà essere valutato e accettato come necessario al progresso del business.

Interpretando la comfort zone con gli strumenti della Teoria dei Vincoli (TOC), ci possiamo rendere conto di come si tratti esattamente di un conflitto, tra il subire una situazione negativa e il desiderare di uscirne. Utilizzare questa contrapposizione a proprio vantaggio permette di mettere a fuoco i bisogni/necessità della propria azienda sottostanti alle due posizioni: rimanere ancorati alla propria situazione o cambiare. Costruire la nuvola di conflitto è un processo che mette in moto aspetti razionali ma anche emotivi che facilitano la “scoperta” di soluzioni. Goldartt, il padre della TOC, li chiamava “maiali volanti” perché prima nessuno li aveva mai visti.

La risposta alla domanda dunque è la domanda stessa. Il conflitto è la soluzione.

La Teoria dei Vincoli sarà protagonista della prossima Sarce Academy; al seminario interverrà anche Claudio Vettor, uno dei massimi esperti italiani in ambito TOC. Visita il sito Sarce per restare aggiornato su tutti i prossimi eventi.